di Salvatore Verga
Nella storia naturale della nefropatia diabetica, la microalbuminuria è considerata marker diagnostico e prognostico del declino del filtrato glomerulare (VFG) e quindi della evoluzione clinica verso gli stadi terminali di insufficienza renale. Parallelamente al declino del VFG, evolve la progressione della retinopatia diabetica. Questa impostazione albumino-centrica è ulteriormente avvalorata dall`effetto della terapia con ACE inibitori e sartani che bloccando il sistema renina angiotensina favoriscono la stabilizzazione e talora la regressione della albuminuria, concretizzandone l`effetto nefroprotettivo
Tuttavia in questi ultimi anni, osservazioni cliniche hanno documentato l`appalesarsi di un fenotipo non-albuminurico di nefropatia diabetica sia in soggetti DMT1 che DMT2; in particolare nel corso degli ultimi dieci anni circa il 60% dei diabetici nefropatici T2 presentano una nefropatia diabetica non-albuminurica; ed analogo trend, sia pure con indici di frequenza inferiore, è stato rilevato tra i DMT1 nefropatici
In altri termini, pur rimanendo la albuminuria marker di declino del filtrato glomerulare (VFG), va considerato che la progressiva riduzione del filtrato glomerulare può decorrere indipendentemente dalla albuminuria. E` opportuno pertanto considerare altri biomarkers del declino del VFG quali l`uricemia, il cui aumento dei valori plasmatici potrebbe attivare effetti pro-infiammatori, il monitoraggio della PCR nonché altri biomarkers espressione di sofferenza tubulare come la Beta 2 microglobulina ed il KIM1 (Kidney Injury Molecule-1). Per altro la condizione di iper-filtrazione, di frequente riscontro nei giovani diabetici, deve considerarsi marker predittivo di danno renale. Sul piano istopatologico i diabetici con nefropatia albuminurica presentano tipiche lesioni glomerulari a differenza dei fenotipi non albuminurici nei quali prevalgono le lesioni vascolari e/o tubulo interstiziali non specifiche della classica malattia renale diabetica e piuttosto inquadrabili nella malattia arteriosclerotica renale e nella frequente componente flogistica. Al riguardo mi torna in mente una relazione datata negli anni del prof. Signorelli che distingueva tra nefropatia diabetica (Kimmelstiel Wilson) e nefropatia in diabetici.
L`articolo di Pugliese e coll. (1) procede con una ampia ed esaustiva disamina delle opportunità terapeutiche per la nefropatia diabetica, sottolineando che la peculiare funzione del rene di metabolizzare ed eliminare farmaci espone i diabetici nefropatici alla possibilità di iperdosaggio farmacologico, favorendo sul piano clinico il verificarsi di episodi ipoglicemici, favoriti ulteriormente dalla inevitabile riduzione della funzione neoglucogenetica da parte del rene diabetico: di norma il rene concorre per circa il 30% alla immissione in circolo di glucosio neoformato (neoglicogenesi renale). Va altresì considerata che la concomitante acidosi metabolica, correlata alla insufficienza renale, riduce la capacità neoglucogenetica da parte del fegato che normalmente concorre a compensare gli eventi ipoglicemici in diabetici non nefropatici; ancora la condizione di malnutrizione cronica tipica del nefropatico cronico, traducendosi in una riduzione delle scorte di glicogeno muscolare, limita la liberazione in circolo da parte del tessuto muscolare di substrati neoglucogenetici (ciclo di Cori). Lascio agli interessati la lettura sul trattamento terapeutico con farmaci ipoglicemizzanti (insulina compresa) nel diabetico nefropatico
Milton Packer (2) propone una nuova lettura dei meccanismi fisiopatologici, non contemplati dalla biochimica e dalla fisiopatologia tradizionale, che sottointendono alla evoluzione della nefrocardiopatia diabetica.
I farmaci ipoglicemizzanti della classe SGLT2 inibitori manifestano un effetto cardio-nefro-protettivo superiore a quello atteso in relazione al miglioramento dei parametri glicemici e quindi verosimilmente indipendente dalla stretta componente glicemica; in particolare l`effetto favorevole sul rene sembra mantenersi anche per filtrati glomerulari particolarmente bassi, tali da abolire l`effetto glicosurico del farmaco. Già nel 2016 E. Ferrannini (3) proponeva l`ipotesi del “thrifty fuel hypothesis” (risparmio di substrati a scopo energetico) per spiegare gli effetti protettivi cardiologici e nefrologici: in particolare gli SGLT2 inib., promuovendo la ketogenesi, fornirebbero un efficiente substrato energetico alle cellule miocardiche, soprattutto in condizioni di stress metabolico e/o emodinamico; d`altra parte il rene è un organo ketogenico e la ketonemia, comportando un aumento della filtrazione glomerulare, è stata proposta quale concausa nel promuovere la nefropatia diabetica. L`ipotesi avanzata da Ferrannini apparentemente contrasta con la più recente ipotesi di “dormancy state” (stato dormiente) proposta da Avogaro (4) secondo la quale i farmaci SGLT2-inib inducono nel rene una condizione di minore attività metabolica simile a quella che caratterizza gli animali in stato di ibernazione o in condizioni di cronica riduzione dell`apporto alimentare. In queste particolari condizioni, le cellule attivano un programma trascrizionale che facilita l`adattamento metabolico ad una condizione di cronico basso apporto di nutrienti ed insieme adattamento allo stress ossidativo (ipossia – ROS – etcc..) mediante la modulazione della attività di due enzimi chiave: la sirtuina (SIRT1) che riduce la risposta infiammatoria in risposta all`aumento dei radicali liberi, e la adesina-monofosfato-proteinchinasi (AMPK) che attenua la risposta pro-infiammatoria e pro-apoptotica. In realtà la alterazione del segnale SIRT1-AMPK si traduce nei diabetici cardiopatici in una disfunzione dei cardiomiociti e nella attivazione di un processo infiammatorio miocardico. Analogamente la soppressione del segnale SIRT1-AMPK promuove la lesione glomerulare e tubulare nella nefropatia diabetica, in questa favorita dalla produzione degli AGE (advabnced glycation end product). E` ipotizzabile che la elevata concentrazione del glucosio nel tubulo renale promuova la espressività di SGLT2; in tal caso, la inibizione degli SGLT2 induce un paradigma trascrizionale del tutto simile alla risposta cellulare in caso di digiuno. Congiuntamente, per effetto di AMPK si riduce la componente infiammatoria, cui consegue una ridotta progressione del danno nefropatico, ed inoltre la AMK attivala eritropoiesi, opponendosi al danno ipossico renale.
Concludendo, in condizione di digiuno metabolico, le cellule renali mantengono la loro attività ketogenica che va pertanto considerata biomarker dello stato trascrizionale simil-digiuno e la terapia con SGLT2 inib agirebbe come attivazione della funzionalità di sensori a bassa energia, presenti sulle cellule renali e cardiache.
Pugliese G, Penno G, Natali A, Barutta F, Di Paolo S, Reboldi G, Gesualdo L, De Nicola L; Italian Diabetes Society and the Italian Society of Nephrology. Diabetic kidney disease: new clinical and therapeutic issues. Joint position statement of the Italian Diabetes Society and the Italian Society of Nephrology on “The natural history of diabetic kidney disease and treatment of hyperglycemia in patients with type 2 diabetes and impaired renal function”. J Nephrol. 2020 Feb; 33(1):9-35.
Packer M. SGLT2 Inhibitors Produce Cardiorenal Benefits by Promoting Adaptive Cellular Reprogramming to Induce a State of Fasting Mimicry: A Paradigm Shift in Understanding Their Mechanism of Action. Diabetes Care. 2020 Mar; 43(3):508-511.
Ferrannini E, Mark M, Mayoux E.: CV protection in the EMPA-REG OUTCOME trial: a “thrifty substrate” hypothesis. Diabetes Care 2016; 39:1108–1114
Avogaro A, Fadini GP, Del Prato S.: Reinterpreting cardiorenal protection of renal sodium–glucose cotransporter 2 inhibitors via cellular life history programming. Diabetes Care 2019;43: 501–507