Dialisi incrementale

di Antonino Galione

L’aumentata incidenza e prevalenza di malattia renale cronica (CKD) soprattutto nel mondo occidentale, è un problema contemporaneo ed ancor più lo sarà negli anni a seguire. In USA è stato stimato che nel 2030 gli anziani di oltre 65 anni saranno aumentati di oltre il 19% e nel 2050 raggiungeranno il 25%. Le stesse previsioni riguardano il Canada e l’Europa. La CKD è stata associata alla fragilità dell’anziano che viene chiamata in causa nell’aumentato rischio di arrivare al trattamento dialitico se non ancor prima al decesso. Raramente la CKD evolve in modo isolato, di solito si associa a comorbidità ed assieme ad esse contribuisce alla qualità di vita, incide sulla sopravvivenza e su tutto ciò che rende un anziano fragile. La fragilità comprende la ridotta mobilità, la perdita di abilità, l’aumentato rischio di fratture, di ospedalizzazione, demenza: tutte condizioni che rendono bassa la qualità di vita. Poiché i pazienti geriatrici in CKD sono eterogenei, si dovrebbe fare una stratificazione delle fragilità considerato che stress ossidativo, micro infiammazione accelerano la progressione della CKD. In alcuni casi i pazienti in CKD iniziano il trattamento dialitico con una funzionalità renale residua che permetterebbe il prosieguo di una terapia conservativa perché le condizioni cliniche di fragilità vengono valutate erroneamente condizioni metaboliche di Uremia Terminale. La mortalità ad 1 anno dei pazienti che iniziano la dialisi è di circa il 40% e non è spiegabile con eventuali comorbidità, particolari condizioni ambientali etc. Un precoce inizio del trattamento dialitico in un anziano fragile ingigantirebbe i suoi problemi e quindi aggraverebbe le sue fragilità, il suo precario equilibrio sia organico che mentale. Un episodio particolarmente frequente che è la ipotensione intra-dialitica inciderebbe ripetutamente in modo deleterio sulla funzione cardiaca e sul circolo cerebrale. Ma non solo. Ripetuti episodi ipotensivi determinano una precoce perdita di funzionalità renale residua con repentina e drastica diminuzione del volume urinario aumentata richiesta di ultra filtrazione ed instaurazione di un circolo vizioso che contribuisce alla progressione del danno renale e cardiaco. Per un paziente incidente il regime ottimale di trattamento dialitico va considerato soggettivamente in funzione delle sue condizioni cliniche, di nutrizione, di età etc. Gli autori di un recente articolo (1) valorizzano il concetto di funzionalità renale residua FRR. Anche in dialisi una FRR conservata contribuisce in modo importante alla rimozione di fluidi, alla escrezione di fosforo, di medie molecole, alla produzione endogena di vit. D e di eritropoietina (EPO). Una FRR determina una più bassa concentrazione di beta2m e di tossine uremiche legate alla albumina che possono essere eliminate anche da una piccola è conservata secrezione tubulare. La perdita FRR si paga in termini di sopravvivenza, di aumento di incremento di peso nell’intervallo dialitico, aumento di PAO, aumento di richiesta di EPO, Ipertrofia Ventricolare Sinistra, aumento della infiammazione. L’inizio della dialisi con modalità Incrementale e con riferimento alla FRR è un modo per continuare anche una terapia conservativa. Gli autori nella parte finale si riferiscono ad un loro modello matematico per la cui interpretazione chiara si deve fare riferimento a pubblicazioni pregresse su NDT. Il concetto che esprimono è la differenza tra clearance dialitica e clearance renale e sulla necessità di considerare un “fattore di correzione” per conteggiare la clearance dialitica come clearance renale o viceversa. Sicuramente la depurazione renale vale molto di più della depurazione dialitica ed è per questo che, anche se si inizia il trattamento dialitico, deve essere conservata per sfruttarla a meglio e potere usufruire di una quantità ridotta di dialisi con un ritorno in termini economici per la società ed in termini di migliore qualità di vita per il paziente. La dialisi incrementale rappresenta il paradigma della dialisi personalizzata. Particolare importanza deve essere data al rilievo che nel primo mese dall’inizio del trattamento dialitico il rischio di decesso è significativamente più basso rispetto alla dialisi iniziata full-dose. Tuttavia sul risultato a distanza ci sono diversi studi osservazionali con risultati controversi. Gli autori di una recente review (2) hanno focalizzato il loro interesse su: 1) sopravvivenza dei pazienti 2) valutazione della funzionalità renale residua 3) tempo intercorrente al passaggio ad una full-dose dialisi. Sono stati analizzati 22 studi (15 emo e 7 dp) a lungo follow-up che comprendevano 75.292 partecipanti. La estrema eterogeneità dei casi che iniziano il trattamento dialitico e la mancanza di criteri per prescrivere una dialisi Incrementale rappresentano i due maggiori limiti da affrontare. In pazienti con < 3 ml/m di clearance dell’urea  e con un volume urinario < a 600 ml/24h iniziare una dialisi Incrementale può essere associata a bassa sopravvivenza dovuta ad insufficiente correzione dell’espansione del volume extracellulare. In questa metanalisi non è stato possibile considerare La funzionalità  renale residua come dato moderatore perché gli studi che hanno valutato la sopravvivenza non lo hanno incluso quindi futuri lavori dovranno verificare il potenziale vantaggio di preservare la funzionalità renale residua con una dialisi Incrementale. Questo approccio può anche prevedere la CDDP ( combined diet dialysis program) con solo una dialisi settimanale come modello di dialisi incrementale. Dati su studi osservazionali stabiliscono che con la dialisi Incrementale la funzionalità renale residua diminuisce più lentamente di 0,6 ml/m/mese rispetto alla tradizionale e che questa funzionalità residua risulta importante per la clearance di medie molecole, soluti legati a proteine tutte sostanze che contribuiscono al mantenimento di uno stato infiammatorio. La dialisi Incrementale aumenta la sopravvivenza dell’accesso vascolare in emodialisi, del peritoneo nella dialisi peritoneale, riduce i costi per la società e migliora la qualità di vita. Questa metanalisi secondo gli autori ha dei limiti perché:
1) non hanno avuto accesso ai dati individuali dei partecipanti
2)diversi metodi sono stati utilizzati per determinare la funzionalità renale residua nei vari lavori e questo può essere un fattore confondente
3 ) i criteri usati sono altamente eterogenei
Dal 2013 al 2018 assieme al dott. Raffaele Annaloro e con il prezioso apporto del dott. Piergiorgio Bolasco di Cagliari ed i consigli del dott. Franco Casino di Matera ho fatto esperienza di Combined Diet Dialysis Program con dialisi monosettimanale e dialisi Incrementale con ritmo bisettimanale. È stata una esperienza, che anche se effettuata su un campione esiguo, ( 8 pazienti) ha richiesto un notevole impegno clinico e di laboratorio nelle sue varie fasi. I migliori risultati sono stati ottenuti nei più complianti con la dieta che è stata scrupolosamente rispettata e che ha permesso ad alcuni, che hanno iniziato la dialisi monosettimanale con una clearance dell’ urea di 5-6ml/m di rallentare strepitosamente la perdita di funzionalità renale e, in due casi, poter contare a distanza di anni di un valore superiore a 3 ml/m che a tutt’oggi permette un trattamento emodialitico bisettimanale. In alcuni casi, per episodi acuti, sopratutto infezioni ricorrenti abbiamo dovuto aumentare il ritmo dialitico ma solo per alcune settimane perché poi i segni clinici, di laboratorio ed una diuresi ben superiore a 1000- 1200 ml/24 h ci ha permesso di rientrare nel modello monosettimanale. Certamente il livello di attenzione del Nefrologo deve essere spostato in alto, la metodologia dietetica a casa deve essere rispettata, la valutazione nutrizionale con metodica bioimpedenziometrica deve essere effettuata almeno ogni tre mesi. Se qualcuno come me ed il dott. Annaloro è fautore del concetto “ non vedo perché un nuovo paziente incidente deve fare la stessa quantità di dialisi di un vecchio paziente prevalente “ e vuole collaborare su questi approcci di trattamento della CKD  o attraverso il sito web www.aspn.eu  o direttamente contattando il sottoscritto, può prendere visione del materiale che abbiamo a disposizione.

1. Garofalo C, Borrelli S, De Stefano T, Provenzano M, Andreucci M, Cabiddu G, La Milia V, Vizzardi V, Sandrini M, Cancarini G, Cupisti A, Bellizzi V, Russo R, Chiodini P, Minutolo R, Conte G, De Nicola L. Incremental dialysis in ESRD: systematic review and meta-analysis. J Nephrol. 2019 Oct;32(5):823-836.

2. Basile C., Casino FG., Aucella F., Incremental Hemodialysis, a Valuable Option for the Frail Elderly Patient J Nephrol. 2019 Oct;32(5):741-750.

Commento di Salvatore Verga

Molto interessante il commento di Ninni Galione ai due articoli relativi alla IDDP (Programma integrato dieta-dialisi) proposto da oltre 30 anni come alternativa terapeutica al trattamento emodialitico tri-settimanale, consentendo di ridurre le sedute emodialitiche ad 1/settimana. IDDP è indicato in paz nefropatici selezionati con diuresi conservata e fortemente complianti al trattamento dietetico proposto. Questo prevede un apporto calorico di 30-35 Kcal/Kg/die (quindi lievemente ipercalorico), con drastica riduzione dell`apporto proteico (0,6-0,4 gr/Kg/die, pari a circa 30 gr di proteine/die) privilegiando esclusivamente cibi proteici ricchi in AA essenziali a AA ketogenetici (carni non processate, albume di uovo e pesce). Sul piano clinico, IDDP rallenta la velocità di riduzione del filtrato glomerulare, migliora il cluster ionico (fosforo, calcio, potassio) ed i livelli plasmatici di Paratormone; la residua capacità del rene consente altresì la processazione renale (anche se ridotta) della vit D. e della produzione di Eritropoetina, ed infine, dato assolutamente non trascurabile, riduce la componente infiammatoria come documentano i ridotti livelli di Beta 2 microglobulina. Il tutto si concretizza in un miglioramento dello stato nutrizionale. Il vero problema è la mancanza di valutazioni meta-analitiche su campioni omogenei e significativamente numerosi, ma più ancora la scarsa compliance dei pazienti al trattamento dietetico (V Caria et al. BMC Nephrology 2014, 15:172).

Risposta di Antonino Galione

Cari Amici, raccolgo con piacere l’invito di Silvio e Salvatore per un commento su una metodica combinata di inizio di trattamento dialitico che, negli ultimi 7-8 anni di attività, ha caratterizzato le mie scelte. È necessario chiarire che la IDDP di circa 30 anni e la CDDP di oggi sono due cose un po’ diverse. Se affidata a personale medico ed infermieristico motivato la CDDP è una metodica che viene controllata clinicamente ogni settimana e con controlli di laboratorio almeno una volta al mese. È una metodica che vede andare, medico e paziente, “a braccetto“ per un periodo, a volte anche molto lungo per raggiungere una vivibilità più accettabile rispetto a chi inizia con un trattamento trisettimanale di routine. È necessario però il rispetto di alcune limitazioni quali:

1) la funzionalità renale residua deve essere compresa tra 10-5 ml/m con una diuresi di almeno 1l /24h

2) non ci deve essere nessun segno di ritenzione idrica, il candidato deve rispondere alla terapia diuretica e mantenere il guadagno di peso interdialitico inferiore al 5% del peso secco ideale

3) presentare una condizione cardio-polmonare facilmente gestibile

4) manifestare da tempo un buono stato nutrizionale con una dieta di 0,6 g/kg/die e la valutazione con tecnica impedenziometrica e con determinazione del PCR deve essere frequente. Da escludere i soggetti con BMI > a 35 come pure i soggetti con iperkaliemia e/o iperfosforemia non facilmente gestibili

5) evitare i candidati soggetti a frequenti ospedalizzazioni

6) buona adeguatezza dialitica eqKt/V superiore a 1,2

Se tutte queste condizioni vengono rispettate e mantenute nel tempo si instaura una condizione dove una clearance renale residua giornaliera ed una clearance dialitica aggiuntiva settimanale sono sufficienti a tenere sotto controllo metaboliti tossici rappresentate da:

Small Compounds (urea, creatinina, metilguanidina, ossalato, TMAO, ADMA, etc.)

Middle Molecules (Beta2m, Interleuchine pro-infiammatorie, TNF, fattori complemento)

Protein-Bound-Compounds.  (AGEs, Indolo, Cresolo, ac Kinurenico, Omocisteina etc.)

Queste ultime tossine, la maggior parte di derivazione del microbiota intestinale, viaggiano legate all’albumina e quindi per la loro taglia molecolare non possono essere filtrate ma eliminate soltanto per secrezione tubulare veicolati dagli stessi trasportatori che eliminano diversi farmaci come Fans, antibiotici beta-glicosidici etc. con i quali competono. Nella valutazione dello stato nutrizionale del paziente entra quindi la condizione nutrizionale del suo microbiota che in un soggetto uremico risente della mancanza di alimenti necessari per avviare una fermentazione saccarolitica e non una proteolitica che poi è una putrefazione. Quindi dovrebbe essere rivisitata la strategia dietetica adottata sia prima che dopo l’inizio del trattamento dialitico. Mantenendo, laddove possibile, una CDDP per più lungo tempo diminuisce il pericolo delle ipotensioni intradialitiche purtroppo frequenti e poco considerate che a lungo termine sono le vere responsabili dell’innesco di cortocircuito vascolari, metabolici, infiammatori che contribuiscono alla alta mortalità della CKD per cause cardiovascolari. L’articolo presentato da Salvatore vede tra i protagonisti Piergiorgio Bolasco che è stato nostro ospite diverse volte su questo argomento e che rappresenta un esperto internazionale. Se volete lo possiamo coinvolgere. A lui farà sicuramente piacere. Vorrei ringraziare Salvatore per il particolare interesse manifestato e chiedergli se questi aspetti nutrizionali che vengono presentati da pochi anni non possano essere presi in considerazione per rivedere vecchie abitudini su diabete, obesità, sindrome metabolica, ipertensione.

Un caro saluto a tutti

Ninni